IX
La pratica rende lo scopo accessibile. I principi fondamentali della pratica all’interno del Guitar Craft riflettono la natura e gli scopi del Guitar Craft. Il Guitar Craft è tre cose:
- Un modo di sviluppare un rapporto con la chitarra;
- Un modo di sviluppare un rapporto con la musica;
- Un modo di sviluppare un rapporto con se stessi.
La musica è una presenza benevola costantemente e immediatamente disponibile a tutti, ma noi non siamo costantemente e immediatamente disponibili alla musica. Il nostro stato può cambiare se ci impegniamo con una certa intensità, e quando siamo in questo stato potremmo trovare la musica ad aspettarci. Quindi, come facciamo a esercitare la nostra capacità di impegno? Dirigere l’attenzione è fondamentale: senza attenzione non siamo niente. Il rilassamento è fondamentale: ben poco è possibile quando siamo tesi. In uno stato di rilassamento, impegnando la nostra attenzione, cominciamo ad essere sensibili alle necessità del momento. Questi sono i tre fondamenti della pratica:
- Attenzione.
- Rilassamento.
- Sensibilità.
La pratica del rilassamento unita a un senso vivido di presenza sono connessi con la pratica dell’attenzione, che a sua volta si collega con lo sviluppo di uno stato sensibile e rilassato all’interno dalla propria volontà.
I vantaggi di una pratica efficiente includono:
i)
Il valore intrinseco: c’è economia nello sforzo. Nulla viene sprecato. La necessità è rispettata.
ii)
Un risultato dell‘intenzione applicata al nostro automatismo è la generazione di uno stato di prontezza. Questo praticare l’applicazione intenzionale al nostro modo abituale di fare le cose, una volta che sia abbastanza consolidato per le mani e il corpo, può poi essere applicato al funzionamento automatico della mente e delle reazioni emotive. Questo è molto importante: da qui inizia l’efficacia, l’ottemperare agli impegni presi nel tempo, il lavorare da soli e di propria iniziativa. Questo è l’inizio della libertà personale e della trasformazione in un essere umano.
iii)
La prontezza generata dall‘intenzione applicata all’automatismo ci porta dentro il momento. Dentro il momento siamo in contatto con noi stessi e con il nostro ambiente; dentro il momento, possiamo vedere cosa è necessario e riconoscere il giusto. Quando vediamo ciò che è giusto, potremmo non essere in grado di far fronte alle richieste che esso ci pone; ma più cresce la nostra capacità di efficienza, più sarà efficace la nostra risposta.
iv)
Il lavorare con intenzione ci avvicina all’impulso creativo.
Se la qualità dell’inizio della nostra pratica determina come il processo continuerà, come devo iniziare? Posso avvicinarmi alla pratica per caso, posso cominciare, o posso iniziare. Per iniziare, prepariamo l’inizio. Come lo prepariamo?
Premesso che:
- Siamo rilassati, seduti sulla nostra sedia dura e scomoda, il rigore della quale ci ricorda…
- Il nostro scopo ragionevole e ben definito, con…
- La consapevolezza della sensazione di essere vivi dall’interno delle nostre mani.
La posizione della chitarra sul corpo è determinata dall’altezza necessaria a sostenere il braccio destro al gomito, e permettere alla mano sinistra di alzarsi naturalmente dal gomito alla settima posizione. Il principio è: la chitarra viene al corpo. Adesso, adottiamo la Posizione di Prontezza. Il centro di gravità della mano sinistra è un punto tra la terza e la quarta corda, alla settima posizione, con le dita sospese appena sopra le corde. Il centro di gravità della mano destra è un punto tra la terza e la quarta corda. Il centro di gravità della spina dorsale è eretto; cioè, centrale. Entrambe le mani sono disponibili per muoversi ovunque se ne abbia bisogno da una posizione centrale, il punto più vicino a tutte le possibilità.
E poi? Ecco alcune cose che possiamo prendere in considerazione per praticare, con una riserva: l’informazione dettagliata sarà utile solo se abbiamo già qualche esperienza sugli esercizi, e se stiamo già facendo uno sforzo per entrare nella pratica. Altrimenti, queste saranno informazioni senza significato che si frapporranno tra le mani, la pratica, e la nostra esperienza diretta di entrambe. Quando possibile, chiediamo aiuto a qualcuno con più esperienza di noi, e nelle cui mani risieda l’esperienza di questi esercizi. Poi ci basiamo sulle sue mani piuttosto che sulle sue opinioni a riguardo. Un buon insegnante porterà i suoi studenti nella sfera della propria esperienza, e gliene trasmetterà il senso. La cosa può avere un carattere più o meno specifico. Quando lo studente vi accede dalla propria sfera, ma senza la capacità di generare tale esperienza di proprio conto, potrà mantenere quella dell’insegnante come riferimento a fronte dei propri sforzi. Quando le due esperienze risuonano, lo studente riconosce di essere vicino alla giustezza.
I. LA MANO SINISTRA:
1.
La posizione. Si porta la mano al manico della chitarra posizionandovi il pollice al centro. Il pollice viene spinto indietro, ma senza forza, bloccandolo leggermente . Mentre si suona, non c’è alcun movimento del pollice. La mano è inarcata, le dita scendono dall’alto a toccare le corde. Il pollice è generalmente a un angolo di circa 45 gradi rispetto al manico, e approssimativamente in corrispondenza del dito medio quando ci si trova nelle posizioni più basse. Se la mano si muove sul manico verso il corpo, l’angolo del pollice si sposta gradualmente verso la linea del manico, e il pollice si sposta più lontano dalle dita. Il cambiamento di posizione si effettua in due modi:
i)
Per piccoli cambiamenti: rilasciando la pressione del pollice, mantenendo però un leggero contatto con il manico durante lo spostamento;
ii)
Per i cambiamenti più grandi: il pollice abbandona rapidamente e con leggerezza il contatto con il manico, riprendendolo non appena acquisita la nuova posizione.
Il braccio scende dalla mano, il gomito si sposta naturalmente verso il corpo. Alternativamente, la mano sale dal gomito, il quale sta dolcemente al lato del corpo. Il solo punto di contatto tra la mano sinistra e la chitarra è la prima falange del pollice e le estremità delle dita. Si raccomanda che le unghie siano tagliate corte. Quando non si suona, la mano è in posizione di riposo sulla gamba o sul ginocchio. La regola è: quando le mani sono sulla chitarra stanno lavorando. Quando stanno ferme, sono a riposo.
Difetti comuni :
i)
Pollice piegato: Questo compromette l’efficacia della pressione tra le dita e il pollice. Quindi la mano dovrà stringere. Spesso, il motivo che giustifica questa posizione è il bending (lo stirare verticalmente) della corda.
ii)
Movimento del gomito.
iii)
L’eccessiva curvatura del polso. Spesso succede perché la chitarra è troppo bassa rispetto alla spalla, o il braccio sinistro è a riposo lungo la gamba.
iv)
Il pollice non sta al centro del manico; ovvero, il centro di gravità della mano sinistra è assestato male. Questo limita il libero accesso delle dita a tutte le corde.
v)
La mano sostiene il peso della chitarra.
2.
Le dita. Adottiamo la posizione di prontezza, con le quattro dita leggermente sospese sulle relative posizioni, il loro centro di gravità un punto tra la terza e la quarta corda. Ogni dito è assegnato a un tasto successivo all’interno della posizione. Mentre si suona, la forma della mano rimane costante, le dita si muovono lungo la tastiera verso le corde specifiche da suonare. Le dita scendono direttamente sopra le corde, fermandole subito prima del tasto con il polpastrello, applicando una pressione sufficiente per ottenere un suono pulito quando colpite dal plettro. L’operazione delle dita rispetta i cinque principi della successione, del flusso completato, del rilascio, rilascio simultaneo e rilascio costante.
i)
Successione. Il principio è: quando ascendi, lascia giù le dita. Ogni dito nella progressione di una sequenza rimane in contatto con la corda, mantenendo la pressione, che si tratti di una combinazione di due, tre, o quattro dita.
ii)
Flusso completato. Quando due o più dita stanno fermando una qualsiasi corda in una sequenza ascendente, per rispettare il principio della successione, la pressione applicata da ogni dito alla corda viene mantenuta fino a quando la combinazione non venga completata. Il principio è: completa il movimento intrapreso. Altrimenti il flusso della sequenza è interrotto. Questo principio è indirizzato al problema pratico di quando rilasciare il dito in prima posizione di una data combinazione per iniziare la successiva. Il dito in prima posizione, se coinvolto in una combinazione ascendente, non si sposterà alla frase successiva fin quando la combinazione della sequenza ascendente della quale è parte non sia stata completata.
iii)
Rilascio. Questo è un principio importante nell’approccio con una pratica senza sforzo. Nell’approccio tradizionale, fermare le corde con la mano sinistra coinvolge due azioni:
a.) Posizionare il dito sulla corda applicando pressione.
b.) Togliere il dito dalla corda.
La seconda azione è inutile: è necessario semplicemente il rilascio della pressione. Questo completa la prima azione senza iniziarne una seconda: rilasciare, non rimuovere. Il principio è: lasciar andare.
L’applicazione regolare di questo principio ci fa progredire dalla manovalanza al lavoro. Scopriamo il modo in cui evitiamo il necessario, investiamo nell’inutile, ed esercitiamo la forza in entrambi. Fatichiamo lì dove basterebbe poco lavoro. Nell’esperienza del rilascio, eliminando la seconda azione non necessaria, facciamo esperienza della leggerezza che caratterizza la qualità del lasciar andare. Questa qualità di leggerezza può essere applicata ad altre sfere della nostra vita: in quanto qualità, essa si espanderà inevitabilmente. Scopriamo che possiamo liberarci dell’ansia causata dal lasciar andare; poi ci liberiamo dell’ansia causata dal non farlo. Poi, molliamo.
La Regola della Qualità è: Onora la necessità.
La Regola della Quantità è: Onora la sufficienza.
iv)
Rilascio Simultaneo. Questo è applicabile quando nessun dito in una combinazione ascendente debba iniziare la seguente combinazione di dita; ovvero il rilascio simultaneo si verifica in combinazioni di due o tre dita quando un dito non coinvolto nella combinazione inizia la frase successiva, e poi, solo in una combinazione di quattro dita che conduce ad una nuova frase, il dito che inizia in questo caso sarebbe “un po’ più simultaneo degli altri”.
Il rilascio simultaneo e il flusso completato sono strettamente connessi e riguardano due cose:
a)Completare un movimento intrapreso.
b)Prepararsi al prossimo movimento anticipandolo.
Questi fattori sono particolarmente evidenti in velocità nelle combinazioni ascendenti di due dita (1,2; 1,3; 1,4; 2,3; 2,4; 3,4), combinazioni ascendenti di tre dita (1,2,3; 1,2,4; 1,3,4; 2,3,4;), e la sola combinazione ascendente di quattro dita (1,2,3,4).
Un esempio di ciascuna renderà più chiaro il concetto:
a)
In una combinazione di due dita, diciamo 1 e 2, dove 3 o 4 suonano la nota successiva su un’altra corda, 1 e 2 saranno rilasciati simultaneamente, rispettando i principi di successione, flusso completato e rilascio simultaneo. Quando 1 prende la nota successiva, verrà rilasciato solo dopo che 2 sarà stato applicato alla corda, ma il suo rilascio avverrà leggermente prima del rilascio di 2.
b)
In una combinazione di tre dita, diciamo 1, 2, e 4, quando 3 prende la nota successiva, le dita 1, 2, e 4 verranno rilasciate simultaneamente. Quando 1 prende la nota successiva, 2 e 4 verranno rilasciate simultaneamente, e 1 verrà rilasciato leggermente prima di loro, ma solo dopo che 2 e 4 sono state applicate alla corda.
c)
In una combinazione di quattro dita, diciamo 1, 2, 3, e 4, quando 1 prende la nota successiva, le dita 2, 3, e 4 verranno rilasciate simultaneamente, e 1 verrà rilasciato leggermente prima di loro, ma solo quando 2, 3, e 4 sono state applicate alla corda.
L’esercizio del Rilascio Simultaneo serve a incorporare nella mano l’esperienza diretta di questo principio.
v)
Rilascio Costante. Questo principio è più evidente nelle sequenze discendenti sulla stessa corda, e in sequenze di note di uguale durata suonate attraverso le corde. Questo principio rinforza il principio del rilascio: lasciamo andare costantemente lo sforzo inutile. Questo si applica in tutta la nostra pratica osservando la durata delle note, e quando non è in conflitto con la successione, il completamento del flusso, e il rilascio simultaneo.
vi)
Equivalenza delle Dita. Tutte le dita della mano sinistra devono avere uguale capacità per forza, rilascio e resistenza. Questo è di primaria importanza. Molti chitarristi hanno il mignolo debole, ed è una cosa che spesso può venire risolta rapidamente con esercizi specifici.
vii)
Equivalenza di Combinazione. Supponendo di avere la stessa forza nelle dita, alcune diteggiature (di due, di tre o di tutte e quattro le dita) sono più affidabili di altre. Le combinazioni di diteggiature ascendenti e discendenti sono particolarmente difficili.
viii)
Estensione. Arriviamo il più lontano possibile, e poi un po’ oltre: quanto oltre dipende dall’uso dell’intelligenza e da ciò che richiede la situazione. Il principio è: stabilisci cosa è possibile, poi procedi per gradi verso l’impossibile. Per esempio, possiamo cominciare un esercizio di stretching in una posizione più alta, e muoverci poi verso una più bassa.
Difetti comuni :
i) Debolezza del mignolo.
ii) Combinazioni che coinvolgono il mignolo.
iii) Combinazioni che coinvolgono sia diteggiature ascendenti che discendenti.
iv) Stretching tra il secondo e il terzo dito.
v) La rimozione delle dita dalle corde, piuttosto che il loro rilascio. Questo spesso porta a un notevole allontanamento delle dita dalle corde, particolarmente del mignolo.
II. LA MANO DESTRA
1.
Il funzionamento della mano e del braccio.
Il braccio destro è sorretto al gomito dalla chitarra. Il gomito porta la mano dove lavorerà il polso. Il polso lavora rilasciando la mano verso il basso e lasciandola ritornare. Non c’è movimento nella mano, il movimento viene dal polso. Noi effettuiamo il movimento e lo applichiamo alla corda, senza curarci della corda: quello che ci interessa è la qualità del movimento.
L’unico punto di contatto tra la mano destra, l’avambraccio, e la chitarra è al gomito. Questa posizione sospesa dipende da un senso di equilibrio all’interno della mano e del braccio. Questo si acquisisce rapidamente con la pratica e dirigendo l’attenzione.
Il centro di gravità della mano può essere determinato visivamente da una linea retta attraverso due piani:
i) Guardando il braccio di fronte, dal gomito fino al dito medio.
ii) Guardando il braccio da sopra, dal gomito fino al pollice.
In questa posizione non c’è tensione superflua nella muscolatura del polso. Questa determinazione visiva dovrebbe essere abbandonata non appena la posizione della mano e del braccio cominceranno a essere acquisite. L’esperienza della posizione della mano dall’interno della mano stessa è la guida migliore per trovare la nostra posizione. Una volta che il braccio la riconosce da solo, la posizione viene assunta automaticamente.
La Posizione di Prontezza della mano destra si ha quando il suo centro di gravità si trova al centro delle corde, ovvero, il gomito porta il plettro in un punto tra la terza e la quarta corda.
Il plettro è tenuto tra la prima falange del pollice e il lato della prima falange dell’indice. Ci sono tre parti del pollice che ci interessano: la base, il pollice, e la giuntura alla base del pollice.
i) La base del pollice è eretta.
ii) Il pollice è leggermente bloccato all’indietro.
iii) La prima falange del pollice spinge verso il lato della prima falange dell’indice dalla giuntura alla base del pollice.
L’indice spinge verso il pollice, e le altre dita seguono da sotto l’indice sostenendolo. Tutte e quattro le dita sono tenute insieme con delicatezza, e puntano indietro verso il gomito lungo la linea del braccio.
Il rilascio della mano e del plettro verso il basso è chiamato colpo in giù. Il ritorno della mano e del plettro è chiamato colpo in su. Il movimento di rilascio e di ritorno è sullo stesso piano delle corde: quindi non c’è oscillazione dell’avambraccio. Il problema nel riferirsi al movimento del rilascio e ritorno come colpo in su e in giù è che risulta implicito uno sforzo che in realtà non c’è.
Nel picking alternato, il plettro è verticale rispetto alla corda e la colpisce diritto. L’angolo del plettro è stabilito dal pollice. Lievi variazioni della forma e della pressione del pollice hanno un’influenza considerevole nell’applicazione del plettro, e nel dirigere l’angolo e la forza con i quali colpisce la corda. La base del pollice può far perno delicatamente sulle corde più basse o sul ponte per maggior supporto ad alte velocità, e per lo stoppato. Questo viene chiamato picking con perno.
Quando ad esempio la musica è forte e richiede una serie di pennate in giù - di tono costante a volume più alto - il plettro colpisce la corda a 45 gradi, e a colpo completato il plettro si ferma sulla corda sottostante.
Il principio di tutto ciò è: ogni parte fa il lavoro di quella parte, e nient’altro.
i)
La funzione del gomito è di stabilire il centro di gravità della mano; ovvero, di portare il polso dove questo applica il movimento alla corda.
ii)
Le funzioni del polso sono:
a)
Stabilire il movimento da applicare alla corda. Il polso fa questo rilasciando la mano verso il basso e lasciandola ritornare. Il rilascio e il ritorno sono chiamati colpo in giù e colpo in su, sebbene questo implichi un tipo di sforzo che in realtà non viene compiuto.
b)
Lavorare con il pollice per produrre volume. Una pressione aggiuntiva viene applicata dalla giunzione alla base del pollice, per favorire una maggiore pressione nello stringere il plettro sul lato della prima falange dell’indice. Poi il polso applica un vigore momentaneo al rilascio e forse al ritorno della mano.
iii)
La funzione del pollice e dell’indice è di tenere il plettro.
iv)
La funzione del plettro è di colpire la corda.
v)
La funzione del medio, anulare e mignolo è di dare supporto all’indice nel tenere il plettro.
vi)
La funzione del pollice è di produrre volume e tono. Questo avviene:
a) Tenendo il plettro sul lato della prima falange dell’indice.
b) Calibrando l’angolo con il quale il plettro colpisce la corda.
c) Applicando pressione al plettro.
I difetti comuni si verificano quando viene violato il principio secondo il quale ogni parte deve fare il lavoro di quella parte, e nient’altro.
Difetti comuni :
i)
Il polso si blocca, e l’avambraccio si muove dal gomito (il gomito fa il lavoro del polso).
ii)
Il pollice si piega nel mezzo, e il polso si curva verso l’alto per compensare il cambiamento dell’angolo del plettro (il polso fa il lavoro del pollice).
iii)
La base del pollice collassa, e il plettro è tenuto sull’indice dalla giuntura di mezzo del pollice (il pollice fa il lavoro della base del pollice).
iv)
Il plettro viene mosso con rapidi movimenti della giuntura centrale del pollice (il pollice fa il lavoro del polso).
v)
La mano è ancorata alle dita che poggiano sul piano armonico (le dita sopperiscono al senso di equilibrio lungo il braccio, compromettendo il senso di equilibrio, privando il pollice e l’indice del loro supporto, e limitando lo spostamento rapido del centro di gravità).
vi)
La mano è ancorata alla base del pollice che poggia sul ponte o sulle corde più basse (la base del pollice sopperisce al senso di equilibrio, compromette il senso di equilibrio, e limita il movimento del centro di gravità).
vii)
L’avambraccio poggia sul piano della chitarra (l’avambraccio fa il lavoro del gomito, e limita il movimento del centro di gravità).
viii)
L’avambraccio poggia sul bordo della chitarra (come sopra, ma comprimendo i muscoli e limitando l’apporto di sangue all’avambraccio).
ix)
Movimento eccessivo in su e in giù del polso (il polso fa il lavoro del gomito, piuttosto che permettere al gomito di spostare il centro di gravità).
x)
Ci si affida al contatto visivo (gli occhi fanno il lavoro delle mani).
xi)
Il pollice tiene il plettro sulla giuntura, o sulla seconda falange dell’indice (la giuntura o la seconda falange fanno il lavoro della prima falange)
xii)
La mano viene tirata in alto prima della pennata (il centro di gravità e troppo basso). Questo può sembrare un riflesso involontario.
xiii)
La mano cade in basso prima della pennata (il centro di gravità è troppo alto). A volte questo viene definito “polso rock’n’roll”.
2.
Picking
i)
Il picking alternato. Questo è un sistema di picking nel quale un colpo in basso è seguito da un colpo in alto, e un colpo in alto è seguito da un colpo in basso in una serie di note consecutive di uguale durata. Il colpo in basso è assegnato al battere, e il colpo in alto è assegnato al levare. Il colpo di inizio, in giù o in su, è perciò determinato dal fatto che la prima nota si trovi su un battito forte o su uno debole.
Questo metodo stabilisce un approccio affidabile e coerente al picking, il quale può essere modificato a seconda delle esigenze della musica.
ii)
Le due modifiche principali:
a)
Picking accentato, dove gli accenti principali sono dati da colpi in giù. Ma all’interno del picking accentato, il picking alternato continua normalmente.
b)
Colpi in giù consecutivi. Con un tempo lento, colpi in giù consecutivi sono normalmente preferibili al picking alternato.
iii)
Picking a mano libera, o sospesa. Quando cioè il braccio destro è in contatto con la chitarra solo al gomito. Il supporto per la mano è il nostro senso di equilibrio e il bilanciamento interno.
iv)
Mano imperniata. Ovvero quando la mano destra fa perno leggermente con la base del pollice, di solito sul ponte o sulle corde più basse. Ciò è utile nel picking ad alte velocità in un raggio ristretto.
v)
Il movimento. Non esiste un colpo in giù: è solo il rilascio della mano che stringe il plettro. Il movimento che avviene rilasciando la mano consente al plettro di toccare la corda. Similmente, non esiste un colpo in su, è solo il ritorno della mano che stringe il plettro dalla sua posizione conseguente al rilascio. Il ritorno della mano consente al plettro di toccare la corda. La mano ritorna nella stessa posizione di prima del rilascio. Effettuiamo il movimento e lo applichiamo alla corda, senza comprometterlo.
a)
Nello stabilire il picking, consentiamo all’azione di avvenire. Questo è un principio fondamentale del lavoro: rilasciamo lo sforzo inutile. Questo è il percorso dello sforzo senza sforzo: questa è la via dell’artista.
b)
La risposta necessaria e inevitabile al rilascio: non essendo andati in nessun posto, torniamo dove eravamo.
vi)
La chitarra elettrica è alimentata a corrente, e l’elettricità fa molto del lavoro della mano destra. Il suono delle note può essere attivato dalla mano sinistra, per esempio con gli hammer-on e i pull-off. La tecnologia fa la maggior parte del lavoro nella produzione di tono e volume. Ma la qualità del suono sulla chitarra acustica rivela il nostro grado di abilità. Ad ogni modo, questo approccio rende possibile una chiarezza di esecuzione sulla chitarra elettrica che sarebbe poco probabile ottenere in altro modo.
III. I Sette Primari
1.
Il Primo Primario; per la mano sinistra, al fine di:
i) Assumere una conformazione efficiente della mano.
ii) Incorporare i principi della successione, del completamento del flusso, del rilascio e del rilascio simultaneo nel funzionamento delle dita.
2.
Il Secondo Primario, per la mano destra, al fine di:
i) Sviluppare un senso di equilibrio lungo la mano destra dal gomito alle dita.
ii) Stabilire il centro di gravità della mano.
iii) Acquisire familiarità con il picking a braccio sospeso.
iv) Acquisire familiarità con il picking imperniato.
v) Stabilire il metodo del picking alternato.
3.
Il Terzo Primario, per la mano sinistra, al fine di:
i) Sviluppare la diteggiatura laterale.
ii) Acquisire familiarità con il vocabolario della tastiera in tutte le posizioni, e portare questa conoscenza all’interno della mano.
iii) Estendere i principi del primo primario verso la musica.
4.
Il Quarto Primario (cross picking), per la mano destra, al fine di estendere il campo del picking alternato attraverso le corde.
5.
Il Quinto Primario, per la mano sinistra, al fine di:
i) Sviluppare la diteggiatura verticale.
ii) Acquisire familiarità con il vocabolario della tastiera lungo il manico, e portare questa conoscenza nella mano.
iii) Estendere i principi del primo primario verso la musica.
6.
Il Sesto Primario (l’Ancora), in cui una o due dita della mano sinistra vengono applicate delicatamente ad una corda mentre le rimanenti dita eseguono una combinazione, per:
i) Coltivare il rilascio frenando la rimozione;
ii) Sviluppare l’indipendenza, la forza, e l’efficienza delle dita.
7.
Il Settimo Primario (il Dito a Perno), dove un dito della mano sinistra è posizionato tra due corde adiacenti, verticalmente da sopra la tastiera, e fa perno leggermente su un lato o sull’altro di questo posizionamento per fermare le note su queste corde adiacenti, per:
i) L’economia di movimento tra corde adiacenti;
ii) Coltivare l’accuratezza.
IV. Gli Esercizi Secondari
- Il Primo Secondario: delle diteggiature combinate ascendenti e discendenti
- Il Secondo Secondario: dell’estensione graduata per la mano destra.
- Il Terzo Secondario: della diteggiatura laterale estesa.
- Il Quarto Secondario: il tremolo.
- Il Quinto Secondario: della diteggiatura verticale estesa.
- Il Sesto Secondario: della durata variabile, in cui le note tenute dalla mano sinistra sono di valori differenti.
- Il Settimo Secondario: della combinazione.
V. Pratica Generale
Dieci Principi:
Agisci secondo principio.
Assumi la virtù.
Inizia da dove sei.
Definisci il tuo scopo semplicemente, chiaramente, brevemente, positivamente.
Stabilisci ciò che è possibile e progredisci per gradi verso l’impossibile.
Onora la necessità.
Non offrire violenza.
Soffri allegramente.
Prendi il lavoro seriamente, ma non solennemente.
Con l’impegno, tutte le regole cambiano.
Come affrontare le tante debolezze e squilibri del nostro suonare? Una raccomandazione è quella di sceglierne una piccola parte e di impegnarci ad eseguirla in modo superbo. Benché si possano accettare compromessi in aree diverse da quella che abbiamo scelto, in questa piccola area non si può assolutamente accettare alcun compromesso. Una volta che abbiamo scelto questo piccolo ambito, lo controlliamo continuamente e frequentemente. Dove veniamo meno al nostro compito, ci fermiamo, ci correggiamo e cominciamo di nuovo. Il principio è: non accettare niente di meno di quel che è giusto. Potremmo impegnarci in questo compito per una settimana. Poi, avendo raggiunto in questo ambito un livello accettabile, scegliamo un altro aspetto del nostro suonare e continuiamo allo stesso modo. Ben presto, acquisteremo il senso dei principi coinvolti e potremo cominciare la pratica vera e propria.
Difetti Comuni:
Elaborare uno o più esercizi personali per conto proprio, prima di aver capito i principi fondamentali. La pratica in questo modo non solo è una perdita di tempo, ma ci vorrà del tempo per rimediare alle sue conseguenze. Questo non vuol dire negare l’applicazione serena e intelligente dei principi alle nostre necessità personali.
1.
Il vocabolario. Se voglio parlare con la mia voce e improvvisare, devo essere padrone del vocabolario. Il vocabolario del musicista moderno è molto più sofisticato di quello della scorsa generazione, anche se il contenuto dell’espressione non è necessariamente più sottile. Durante la performance non abbiamo il tempo di preoccuparci in senso musicale del vocabolario e della grammatica, forse neanche della sintassi; i nostri interessi sono semantici. Gli elementi che costituiscono il linguaggio musicale saranno nelle mani, liberando l’attenzione per altre responsabilità all’interno della performance. Un vocabolario di base comprenderà scale, accordi e ritmi usati di frequente. Saremo portati istintivamente verso alcuni piuttosto che altri: questo è un istinto da seguire.
2.
Repertorio. Questo è un vocabolario coerente e consolidato, radicato nella musica. Idealmente avrà ampie basi, sarà variabile, flessibile e adattabile, un fondamento per una crescita ulteriore. Un repertorio di qualità si misura spesso da quanto buon materiale ne è stato escluso.
3.
Velocità. Ci sono tre velocità: veloce , lenta e media. Ognuna ha il proprio sapore riconoscibile, e ogni velocità ha a sua volta tre velocità. Così, abbiamo lento lento, lento medio e lento veloce; medio lento, medio medio e medio veloce; veloce lento, veloce medio e davvero estremamente veloce. Ognuno di questi ha le sue qualità distintive. Una volta che abbiamo la velocità giusta e la capacità di eseguire un passaggio accuratamente, la nostra velocità è limitata principalmente dal sapere cosa stiamo facendo e dove stiamo andando.
La mia capacità esecutiva cambierà nel tempo: come trovo la velocità giusta? La mia velocità personale è in relazione con il tempo della mia esecuzione, perciò quale è il tempo giusto? Questo potrà variare con i diversi momenti della giornata, e all’interno del mio periodo di pratica. A volte, quando il tempo dell’esercizio e il mio tempo personale vanno insieme, posso avere un’idea di cosa significhi vivere la mia vita alla giusta velocità. Piuttosto che imporre a me stesso un ritmo di vita falso e forzato, con tutti i conseguenti disordini per il mio equilibrio, divento una creatura in sincronia con me stesso. Questi momenti sono preziosi, anche se ci potrebbero volere anni per arrivarci. D’altro canto, sono immediatamente disponibili se solo volessimo rinunciare alle nostre aspettative sul tempo. In merito al suonare, può significare rinunciare ai fraseggi veloci. Ma a volte ho fretta: così, sono in grado di suonare presto?
Cominciamo con lo stabilire un tempo di riferimento con il metronomo, scegliendone uno che sia di sicuro alla portata della nostra competenza. Poi estendiamo i parametri della nostra competenza aumentando la velocità del metronomo, cioè, suonando più veloce, e riducendola, ovvero suonando più lentamente. I punti di riferimento riguardano la nostra capacità manuale rispetto alla velocità; il vocabolario riguarda il sapere cosa stiamo facendo; lo sviluppare la durata del momento presente riguarda il sapere da dove veniamo, dove stiamo andando, e la visione d’insieme di quello che stiamo suonando.
Il tempo metronomico non è un buon tempo, ma il metronomo è un arbitro imparziale della nostra accuratezza a ciascuna specifica velocità. Crea una richiesta dall’esterno che dobbiamo soddisfare.
4.
Il Tempo. “Il Buon Tempo” è essere al passo con noi stessi. Il buon tempo comprende e combina questi elementi:
i.)
Lo schema della musica che si dispiega nel tempo. Questo viene mantenuto nella mente, ed è l’organizzazione orizzontale integrale e di insieme della musica espressa in termini di elementi di tempo musicale: la divisione, il numero di battute del pezzo, durate, e tempi. La mente allenata è in grado di vedere lo sviluppo completo di un pezzo e può mantenere la sequenza completa in ogni momento.
ii.)
Il timing è l’accentuazione dei contenuti nel momento, l’enfatizzazione delle continuità e discontinuità all’interno dello sviluppo sequenziale della musica. Questa è principalmente una risposta emozionale alle necessità e alle richieste del momento.
iii.)
Il Tempo è la frequenza della pulsazione della musica.
iv.)
Suonare a tempo è la sincronizzazione della pulsazione della musica con quella del musicista. Consultiamo il corpo per suonare “a tempo”, per agganciare il nostro suonare a un tempo efficace. La pulsazione è il tempo nel corpo. Suonare a tempo non è necessariamente secondo il tempo metronomico, o seguendo rigidamente un tempo, anche se questa è una capacità necessaria al mestiere del musicista. La nostra sensazione personale del tempo cambia durante l’esecuzione, in risposta alle variazioni di battito e pulsazione del corpo. Questo vale anche per il pubblico, e ogni pubblico ha la propria pulsazione personale. Una esecuzione soddisfacente sincronizzerà la pulsazione della musica, quella del musicista e quella del pubblico. Il tempo dell’esecuzione rifletterà tutto questo, e sarà specifico per quella singola esecuzione.
Difetti comuni:
Un musicista con uno scarso senso del tempo è sempre sospetto: egli non è in contatto con qualcosa di fondamentale in sé stesso, e quindi non è in contatto con gli altri.
i)
Uno scarso senso del tempo è spesso indicazione di un fondamentale egotismo: non siamo capaci di muoverci al di fuori di noi stessi, vuoi per nervosismo, paura, o forse presunzione. Un cattivo senso del tempo riflette preoccupazione o mancanza di connessione personale con la pulsazione della musica. Questo si evidenzia quando suoniamo con gli altri: potremmo non voler far parte di un gruppo, e così rifiutiamo di ascoltarli, o di accettare il tempo del gruppo. Imponendo, invece, il nostro senso del tempo al gruppo.
ii)
Spesso l’allenamento musicale è sbilanciato, con uno sviluppo esagerato della parte cerebrale della tecnica musicale, e una conseguente mancanza di connessione con il corpo e con la propria pulsazione personale. I musicisti d’orchestra sono allenati a inibire il movimento del corpo, e accettano il tempo del direttore. Nell’ambito delle esecuzioni del Guitar Craft non c’è negazione della risposta naturale e gioiosa del corpo alla musica. Ma c’è una condizione: se il musicista batte il piede, o muove il corpo, deve essere a tempo, e al tempo del gruppo.
iii)
Il musicista goffo si arrenderà all’eccitazione, e non saprà frenare l’aumento del suo tempo personale. L’euforia è qualitativamente differente.
5.
Accuratezza. Lo scopo è colpire la nota giusta al momento giusto, in altezza e tono. Questo vuol dire che dobbiamo essere in grado, in ogni momento, di avere una visione d’insieme di cosa si sta suonando, e uno scopo chiaro. La chiave dell’accuratezza è scoprire il tempo della propria accuratezza, stabilirlo come punto di riferimento, e poi estendere i suoi parametri.
Difetti comuni:
i) Suonare troppo veloce.
ii) Scarsa familiarità con il materiale che si sta suonando.
iii) Ambizione.
6.
Destrezza. Se sono fuori esercizio, ci vorranno tre giorni di pratica intensiva prima di tornare ad essere allenato. Altrimenti, lotterò e forzerò la mia esecuzione. Meno di un’ora al giorno e non sono più un chitarrista.
7.
Economia. Questa è la scoperta della mancanza di sforzo, o dello sforzo necessario, nella mia pratica. L’efficienza è un indice del rapporto tra la quantità della mia fatica e la qualità del mio lavoro. Con una pratica inefficiente mi ritroverò senza energia, la acutezza della mia performance sarà smussata, e le mie capacità limitate. Nel tempo questo mi porta ad esaminare la qualità e la quantità di energia che ho a disposizione, e come disperdo, conservo, genero e investo questa energia. Questo è uno studio sottile.
Economia non significa che meno è meglio; ma piuttosto che basta la quantità sufficiente. Ciò risponde alla Regola della Quantità: onora la sufficienza.
8.
Il rilassamento è la presenza della tensione necessaria; la tensione è la presenza di tensione inutile; il collasso è l’assenza della tensione necessaria.
Se chiedo al mio corpo di stare seduto tranquillamente per mezz’ora a fare nulla, e non è in grado di farlo, la possibilità che possa chiedergli di stare seduto tranquillamente per un’ora mentre faccio pratica è minima.
Sono capace di rilassarmi mentre faccio pratica? Posso mantenere la mia posizione per un periodo prolungato? Il mio respiro è libero, forzato o costretto?
Il rilassamento non è mai accidentale; comporta sempre intenzione. Il rilascio è un principio importante nel rilassamento. Scopriamo esperienze, emotive e psicologiche, trasposte nelle nostre posture. Quando rilasciamo gli schemi muscolari, le esperienze ad essi associate a volte riappaiono. Nel rilassare il corpo, lasciando andare la tensione non necessaria, lasciamo andare anche gli atteggiamenti e le emozioni non necessarie.
9.
Il Tono. Suona bene la mia nota? Ha risonanza? Apparentemente, è la mano destra ad essere responsabile della produzione del tono, ma la qualità del suono implica più di questo. Sono presente con questa nota? Questa nota sta fluttuando al di fuori di quello che sono, o viene da dentro me, come una necessità? Questa nota è arbitraria, è professionalmente adeguata, o risuona con giustezza? Come posso discriminare tra sufficienza e adeguatezza?
10.
Presenza. Accetterò ciò che è sufficiente, o ciò che è adeguato? Il tono è la misura della mia presenza con la nota. Forse è un’indicazione della presenza della musica con il musicista. Se la musica è una presenza benevola costantemente e prontamente disponibile a tutti, come posso essere costantemente e prontamente disponibile alla musica?
Se siamo presenti alla musica, questo implica che siamo presenti a noi stessi. Cioè come? Se non siamo d’accordo con l’affermazione che la musica è una presenza benevola, dobbiamo essere presenti con il nostro dissentire. Così la domanda rimane: come possiamo essere presenti? Questo porta alla domanda: chi è presente? Forse la cosa migliore che posso dire è: ciò che è presente è la mia attenzione. Dove è la mia attenzione, lì sono io, e per quanto mi è dato capire, è anche chi sono. Quindi, se varia la qualità della mia attenzione, divento una persona qualitativamente diversa; forse anche, una persona completamente diversa. Così, la mia pratica comprende fare caso alla mia attenzione, e potrò notare:
i)Dove va la mia attenzione.
ii)Il notare dove va la mia attenzione.
Sono diventato due persone? La risposta immediata è, per quanto ne possa capire, sì. La risposta lunga è: sì, e a volte nemmeno una. Mi accorgerò che spesso più di due persone recitano sul palco della mia vita: una grande famiglia composta da molti parenti dai caratteri differenti, che appaiono e recitano. Questi personaggi hanno un fattore in comune: il mio accorgermi di loro. I personaggi sul proscenio dell’azione cambiano con lo svolgimento dello spettacolo della vita, ma il mio notare rimane lo stesso, è notare.
Se la mia vita è comoda, dimenticherò di notare, se non per notare la scomodità. Non mi darò neanche la pena di esercitarmi a farlo. Se questo mi basta, la vita è definita. Ma quando la musica ci vola vicino, e il suono che emerge dal nostro strumento prende vita, il nostro stato cambia. Questa esperienza può essere molto forte, e sconvolgente. Quando la corrente si accende, sappiamo che la nostra vita non sarà mai più davvero la stessa. Questo momento è sempre lo stesso, benché sempre diverso. Quello che ci chiediamo è: da dove è venuto?
Se questo momento di presenza amplificata, di consistenza, ha creato in me una risonanza, mi trovo di fronte a una scelta: comodità o consistenza. Se voglio essere presente, se voglio notare, annotare, essere parte del mondo intorno a me, rinuncerò alle mie comodità per avere l’opportunità di essere presente quando la musica vola nei paraggi. Ho notato che la comodità mi intorpidisce, e che l’opportunità di cambiare si presenta solo in condizioni disagevoli. Quindi, metto a punto una tecnica: i punti di discontinuità mi mettono in allerta sul mio stato. Ci sono opportunità nel mio ambiente che possono tornare utili se uso l’intelligenza. Suoni improvvisi che potrebbero irritarmi, o persone che non mi piacciono, possono ricondurmi al mio scopo di essere presente. Ma presto mi abituerò a questi suoni che non mi sorprenderanno più; presto mi piaceranno cose che prima non mi piacevano. Né posso contare sull’ambiente che mi circonda per procurarmi discontinuità, così me le procuro da solo. Mi pongo piccole sfide, piccoli punti di discontinuità, che mi obbligano ad affrontarle. Con l’abitudine queste discontinuità inevitabilmente si smussano, e così ne trovo altre.
La presenza è essere dove sono. L’assenza è quando non sono. Un momento presente è la misura della mia presenza nel tempo, un momento nel quale la mia attenzione è impegnata. È il “quando” e il “per quanto tempo” del nostro essere. La musica che suoniamo è un riflesso fedele di ciò che siamo, e il nostro strumento musicale ci mostra dove siamo. La risposta è diretta: non ci sono argomenti, giustificazioni o spiegazioni per una nota sbagliata. Non eravamo presenti. Ciò è sempre perdonabile, raramente scusabile, e mai accettabile.
11.
Persistenza. La persistenza è la misura del nostro desiderio. Quando cominciamo a esercitare la persistenza, scopriamo che il volere non ha la forza sufficiente per portarci oltre il Grande Bivio. Il Grande Bivio è lo stadio di ogni processo in cui siamo troppo lontani dall’inizio per tornare indietro, e troppo lontani dalla fine per andare avanti. Abbiamo esaurito l’entusiasmo e l’interesse, e non abbiamo niente che ci faccia muovere. Desiderare è più forte del volere, ma persino questo anelito non basta per garantire la nostra efficacia, e per portarci verso il nostro scopo. Per questo motivo, è necessario l’impegno a rimanere all’interno del processo fino a quando la fine non sia abbastanza vicina da venirci incontro e tirarci verso di lei. Ma il prendere un impegno implica che dobbiamo poter agire partendo da un punto di unità all’interno della nostra diversità.
12.
Resistenza. La resistenza è ciò che possiamo mettere in funzione per sostenere la nostra persistenza.
13.
Tenuta. La tenuta è un indice della nostra capacità di persistere. È qui che la capacità di fare uno sforzo senza sforzo diventa evidente ed è critica.
14.
Impegno. L’impegno è un indice della nostra unità, della nostra integrità personale. Un impegno è onorato da tutto ciò che siamo, e lega tutto ciò che siamo in una unità. Un impegno non rispettato viola questa integrità, ed è eccezionalmente difficile da riparare.
15.
Attenzione. Abbiamo visto prima che ci sono tre tipi di attenzione:
i.)
Attenzione diretta, o volitiva. Questa attenzione è sempre intenzionale, ed è vicina alla libertà. Si può praticare semplicemente, in tanti piccoli modi. Prestare attenzione a una cosa che non mi interessa, o che non mi piace, è molto utile.
ii.)
Attenzione attratta. Cioè quando la mia attenzione viene attratta da una discontinuità, o da qualche forma di interesse, forse da qualcosa che mi piace, o persino che non mi piace. L’ascolto professionale, per il musicista, ricade in questa categoria. Dopotutto siamo presenti, ma siamo presenti sia che lo desideriamo o no.
iii.)
Assenza totale di attenzione. Questa è l’attenzione automatica. Ci rendiamo conto di essere stati lì solo dopo che ce ne siamo andati.
16.
Attenzione divisa. Questo è un aspetto dell’attenzione diretta, e la si può praticare con esercizi specifici. Sono capace di dividere la mia attenzione tra ciò che sto facendo e ciò che sto pensando? Questo riguarda la funzione coordinata della mente e delle mani. Posso pensare e suonare la chitarra nello stesso tempo? Riesco a trattenere nell’occhio della mente lo schema di ciò che sto suonando mentre lo suono?
17.
Memoria. Un ricordo è un’esperienza alla quale abbiamo accesso. La memoria è un riflesso della qualità della nostra attenzione. Come ci sono diverse qualità di attenzione, così ci sono varie qualità di memoria. Un ricordo si rende disponibile solo quando siamo in uno stato qualitativamente equivalente.
Un chitarrista ha la memoria nelle mani, e le mani possono memorizzare molto rapidamente, ma questa memoria è sequenziale. La mia mente può ricordare lo schema del pezzo in un modo che le mie mani non potranno mai realizzare. È un errore chiedere alla mente di fare il lavoro delle mani, ed è un errore chiedere alle mani di fare il lavoro della mente. Ma c’è uno stretto rapporto: la mente prepara la strada per le mani, e le mani lavorano più velocemente e in modo più affidabile della mente.
Un altro tipo di esperienza è sentire la musica. Se abbiamo accesso al sentimento peculiare di un pezzo e ne tratteniamo l’esperienza, possiamo confrontare questa esperienza con il sentimento della performance in atto e portarla in armonia con quello spirito.